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Mega-progetti e resistenze indigene in Messico

A pochi mesi dall’insediamento del nuovo governo, il presidente Andrés Manuel López Obrador dal Palacio Nacional ha annunciato “la fine del liberalismo in Messico e delle sue politiche antipopolari, arrendevoli e predatorie”. Ha affermato inoltre che “per il bene di ognuno, i poveri vengono prima di tutto” e “che non può esistere un governo ricco con gente povera”.

Se da un lato López Obrador ha cercato di marcare una differenza tra le politiche economiche del suo governo e quelle precedenti, dall’altro durante questo suo primo anno di mandato ha ripetutamente dimostrato di voler investire nella costruzione di mega-progetti tramite il Plan de Desarrollo Social 2019-2024, fatto che combina una visione sviluppista tipica anche della sinistra socialista e il carattere estrattivista e logistico del capitalismo contemporaneo.

In particolare, tra i tanti, sono tre i progetti attorno ai quali si è concentrata la propaganda del nuovo governo: il Proyecto Integral Morelos, il Tren Maya e il Corredor Transítsmico de Tehuantepec.

Il Proyecto Integral Morelos prevede la realizzazione di un’infrastruttura integrata per la creazione di energia elettrica che include due centrali termoelettriche nella comunità di Huexca, un gasdotto di circa 160 km che attraversa più di 60 comunità contadine degli stati di Tlaxcala, Puebla e Morelos, una linea elettrica e un acquedotto. Tra i concessionari dell’opera c’è l’impresa italiana Bonatti.

Il Tren Maya implica la costruzione di una linea ferroviaria di 1500 km e 17 stazioni che attraverserà gli stati del Chiapas, Tabasco, Campeche, Yucatán e Quintana Roo e il funzionamento di un treno merci e per passeggeri alimentato a biodisel. Il progetto prevede l’integrazione della linea ferroviaria già esistente Campeche-Merida-Valladolid con una nuova linea Escárcega-Bacalar-Cobá-Cancún. Formalmente i lavori di realizzazione sono iniziati nel dicembre 2018 e sono stimati 4 anni per la sua realizzazione.

Quello del Corredor Transítsmico de Tehuantepec è invece un progetto di lungo corso: già gli spagnoli nel 1819 avevano elaborato l’idea di un canale interoceanico che potesse connettere Oceano Pacifico ed Atlantico: l’Istmo di Tehuantepec con i suoi 200 km di lunghezza sembrava il luogo più adatto. Subito dopo la guerra d’Indipendenza anche il governo messicano nel 1824 prese in considerazione la possibilità di realizzare un corridoio, questa volta terrestre, per collegare i due istmi. A partire dagli anni ’80 del ‘900, inoltre, si sono susseguiti differenti progetti per la realizzazione di infrastrutture logistiche finalizzate alla connessione dei due oceani.

Il progetto attuale prevede l’adeguamento e l’implementazione della tratta ferroviaria già esistente e il miglioramento dei porti di Coatzacoalcos e Salina Cruz, oltre allo sviluppo della rete autostradale e aeroportuale. Al lato dell’infrastruttura logistica è prevista la creazione di una Zona Economica Speciale con maquilladoras che include più di 70 municipi degli stati di Oaxaca e Veracruz e per la quale è prevista una diminuzione delle imposte sui consumi e sugli immobili così come una riduzione del costo del carburante.

Inoltre è pianificata la costruzione di un gasdotto per rifornire le imprese che si installeranno nella zona.

A differenza di quanto fatto dai precedenti governi, López Obrador non ha evitato la questione della legittimazione popolare di questi progetti ma ha fatto ampio ricorso allo strumento delle consultazioni popolari. Tuttavia, questi strumenti che in Messico hanno valore consultivo e non necessariamente vincolante, sono stati oggetto di forti critiche tanto dalla società civile messicana quanto da organismi internazionali come l’ONU.

Infatti, le consulte sono state realizzate su base nazionale in modo tale da alleggerire il peso che avrebbero potuto avere le realtà locali sul risultato finale. Inoltre non sono stati rispettati alcuni parametri fondamentali come adeguate tempistiche di convocazione, la chiarezza dei quesiti e la loro formulazione anche nelle lingue indigene.

Al di là dei meccanismi consultivi e del giudizio che si possa avere su di essi, queste politiche sviluppiste si stanno scontrando con le resistenze presenti sui territori soprattutto ad opera di comunità indigene allarmate dalle possibili conseguenze che questi mega-progetti possano avere sui loro contesti culturali, sociali ed economici. Come già evidente dalla loro descrizione, queste opere non si limiterebbero alla mera costruzione di infrastrutture, bensì prevedono un impatto molto più largo sugli assetti produttivi, la composizione sociale e il patrimonio culturale dei territori coinvolti. Queste trasformazioni vengono a scontrarsi con la volontà dei cosiddetti popoli originari, la cui attività principale è l’agricoltura, di autodeterminare le proprie forme di vita che contemplano un rapporto con il territorio e le sue risorse molto diverso da quello erosivo delle politiche estrattiviste, un rapporto fatto di convivenza e appartenenza con la Madre Terra.

Per quanto riguarda il Proyecto Integral Morelos, il 7 gennaio 2020 il Congreso Nacional Indigena (CNI) e l’EZLN hanno diffuso un comunicato nel quale annunciano la convocazione di una tre giorni di mobilitazione dal 20 al 22 febbraio in particolare nello stato di Morelos ad un anno dall’omicidio dell’attivista e giornalista Samir Flores che si stava battendo proprio contro la realizzazione di questo mega-progetto. Il programma delle giornate in difesa del territorio e della Madre Terra “Samir somos todas y todos” prevede azioni dislocate in tutto il Messico, una marcia per la giustizia in nome del compagno Samir e di tutti gli altri morti e scomparsi in difesa del territorio e un’assemblea conclusiva.

Il Tren Maya invece è stato oggetto di forte critica soprattutto da parte dell’EZLN; nel comunicato del 25° anniversario dal Levantamiento del 1994 il SubComandante Moisés annunciava la volontà da parte di tutti gli zapatisti di opporsi al progetto, posizione ribadita anche pochi giorni fa in occasione del 26° anniversario. Da parte sua il presidente López Obrador ha affermato che l’EZLN non è a conoscenza di tutte le informazioni riguardo il progetto e che non intaccherà le sue terre, mentre il capo della oficina de la presidencia Alfonso Romo Garza ha dichiarato che il governo cercherà un dialogo con gli zapatisti.

Rispetto al Corredor, il 1° di gennaio 2020 è stato pubblicato un appello dal titolo “El Istmo es Nuestro” firmato da numerosi movimenti, associazioni ed intellettuali. L’appello, che chiama al coordinamento e alla mobilitazione, riprende uno slogan già utilizzato in occasione di una protesta simile contro una precedente versione del progetto promossa tra il ’95 e il ’98 dall’allora presidente Ernesto Zedillo.

Nei prossimi mesi dunque vedremo come si evolverà questo scontro fra governo e politiche neoliberiste da una parte e comunità indigene e governi autonomi dall’altra. Bisognerà vedere se inoltre questo scontro rimarrà limitato alle realtà locali oppure sarà in grado di catalizzare una mobilitazione politica di più ampio respiro capace di mettere in crisi la presunta Quarta Trasformazione paventata da López Obrador.


Questo articolo è apparso precedentemente sul sito di YaBasta! Bologna.

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