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Il Tren Maya: un turismo d’avventura

Pubblichiamo la traduzione di un articolo di Giovanna Gasparello sul mega-progetto del Tren Maya in Messico e la sua relazione con lo sviluppo dell’economia del turismo e la logistica del narco-traffico. L’articolo è stato precedentemente pubblicato su La Jornada del 31 gennaio 2020. La traduzione è a cura di Into the Black Box. Nei prossimi mesi daremo spazio all’inchiesta sull’impatto delle grandi infrastrurre attualmente pianificate in Messico.

Alla vigilia della gara d’appalto per due sezioni della tratta del Treno Maya, Carlos Joaquin, Governatore di Quintana Roo, e Miguel Torruco, Segretario del Turismo, hanno inaugurato una settimana fa a Madrid il padiglione dei Caraibi messicani alla Fiera Internazionale del Turismo (Fitur). Hanno promosso le località di Bacalar, Chetumal e Mahahual, luoghi che sono entrati recentemente a far parte dell’industria turistica di Quintana Roo. Per l’attuale amministrazione federale, lo sviluppo del sud-est messicano è decisamente legato all’economia del turismo, sulla base del quale è stato concepito il mega progetto Mayan Train.

Tuttavia, di fronte ai proclamati benefici dell’economia turistica come panacea per una vita migliore, le testimonianze di chi vive sulla costa di Quintana Roo, anche nelle località ancora marginali per il turismo di massa, coincidono con una preoccupazione comune: l’aumento della violenza dovuta alla presenza di gruppi criminali. Osservando la traiettoria di Cancún e della regione turistica conosciuta come Riviera Maya, si proietta una tendenza in cui la crescita dell’industria turistica è accompagnata da un aumento dell’incidenza della criminalità, tra le altre variabili. Qui l’industria del turismo ha promosso lo sviluppo complementare dell’economia legale – caratterizzata da violazioni sistematiche dei diritti umani, della cultura, del lavoro e dell’ambiente – e dell’economia illegale, strettamente legata alla prima. L’economia criminale si articola in diverse svolte: il traffico, principalmente di cocaina, verso gli Stati Uniti; la vendita diretta nel prospero mercato locale, che comprende anche la rete di prostituzione nei locali notturni; il riciclaggio di denaro negli investimenti immobiliari dei profitti ottenuti, favoriti dalle amministrazioni di Villanueva (1993-1999) e Borge (2011-2016).

Tra gli indicatori che mostrano l’aumento della violenza legata alla criminalità organizzata, gli omicidi intenzionali sono forse i dati più convincenti. Secondo il National Public Security System (SNSP), nel 2019 il numero di omicidi intenzionali a Quintana Roo ha raggiunto nel 2019 un tasso di 39 omicidi per 100.000 abitanti, superando la media nazionale del 28,3. Gli altri stati della penisola, con un minore sviluppo turistico, avevano tassi di criminalità molto più bassi (Campeche con 7,2 e Yucatan 1,3 omicidi intenzionali per 100.000 abitanti). La città di Playa del Carmen – o Playa del Crimen, come è conosciuta dalla gente del posto – denota un’emergenza inevitabile: il tasso di omicidi intenzionali per 100.000 abitanti raggiunge l’83,1 nel 2019, quasi tre volte la media nazionale.
Se la situazione nei famosi paradisi del tempo libero dei Caraibi è allarmante, il contesto delle nuove destinazioni che Joaquín e Torruco hanno promosso al Fitur mostra una tendenza identica. Il confronto avvenuto il 27 gennaio tra l’Esercito e il gruppo armato che difendeva un piccolo aereo carico di circa 800 chili di cocaina colombiana è l’ultimo di una lunga serie di eventi violenti che posizionano il sud di Quintana Roo come area strategica per il trasferimento dell’ambita polvere bianca. Il narco-triangolo, tra Bacalar e Othón P. Blanco e che si estende fino al confine con il Belize e Campeche, è diventato negli ultimi anni una destinazione per l’accoglienza di velivoli provenienti dall’America centrale e meridionale. Nel 2017, un jet è stato trovato abbandonato; nel 2018, tre aerei della droga sono stati trovati carbonizzati nella regione; mentre nel 2019, un jet e due piccoli aerei che trasportavano cocaina sono crollati.
Bacalar è a pochi chilometri dalla costa dove le barche dei trafficanti di droga rilasciano lo squalo bianco, pacchetti di cocaina che vengono prelevati e diretti sulla rotta terrestre a nord dello stato, o imbarcati clandestinamente su navi da crociera internazionali che attraccano nel porto di Majahual. Quando sono fortunati, i pescatori di Xcalak, una comunità di confine, pescano qualche pacco perduto fra le alghe.

Lo studio dei dati SNSP rivela l’alta incidenza di omicidi intenzionali (38 ogni 100.000 abitanti nel 2018) a Bacalar, che è scarsamente popolata e prevalentemente rurale. La sua attrazione è la laguna De los Siete Colores, molto ricercata da un incipiente sviluppo turistico fin dalla sua dichiarazione di Città Magica e che aumenterebbe esponenzialmente con l’installazione della stazione ferroviaria Maya. Attualmente Bacalar riunisce, su scala ridotta, tutti i problemi che accompagnano il turismo come macchina per l’espropriazione: recinzione della laguna e dei cenotes, privatizzazione dell’accesso all’acqua, espropriazione violenta di ejido e di terreni privati, collusione delle autorità municipali, speculazione fondiaria e per l’edilizia, assenza di pianificazione territoriale ed ecologica, contaminazione ambientale, ecc.

In conclusione, considerando l’obiettivo dichiarato del progetto Tren Maya di rilanciare l’economia turistica e la creazione o l’espansione di centri urbani a vocazione esclusivamente turistica, nel contesto sociale e politico che caratterizza attualmente la penisola, è chiaro che la tendenza sarà quella di moltiplicare i problemi già presenti nei nuovi poli di sviluppo, in particolare in relazione all’aumento esponenziale della violenza criminale. Quali sarebbero, in un tale contesto, i beneficiari dello sviluppo economico? Quali settori dell’economia e quali imprese prospererebbero?


Giovanna Gasparello è ricercatrice presso il DES-INAH (Instituto nazionale di antropologia e storia).

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