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Introduzione a “Un mondo logistico. Sguardi critici su lavoro, migrazioni, politica e globalizzazione”

Pubblichiamo l’introduzione al volume Un mondo logistico. Sguardi critici su lavoro, migrazioni, politica e globalizzazione a cura di Niccolò Cuppini e Irene Peano.

Qua indice e presentazione del libro: 

http://www.intotheblackbox.com/events/out-now-un-mondo-logistico-sguardi-critici-su-lavoro-migrazioni-politica-e-globalizzazione/ 

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Il presente volume si propone di riportare e sviluppare, nel contesto italiano, il vivace dibattito che da alcuni anni è andato articolandosi sulla logistica in quanto lente attraverso cui indagare le operazioni del capitalismo contemporaneo e i conflitti che le accompagnano. In questo contesto di produzione teorica e di ricerca transnazionale e transdisciplinare, i lavori di Anna Tsing (2009, 2012, 2015, 2016), di Deborah Cowen (2014), di Brett Neilson (2012, 2014) – anche e soprattutto in collaborazione con Sandro Mezzadra (2013, 2015, 2017, 2019) – rappresentano alcune delle pubblicazioni più significative. È dunque partendo da questi scritti che abbiamo concepito il lavoro di cui la raccolta è il frutto, in dialogo con le riflessioni di diversi studiosi e studiose italiani che recentemente hanno contribuito ad ampliare il campo di studi critici sulla logistica (Grappi, 2016; Cuppini, Frapporti e Ricciardi, 2018; Into the Black Box e Mattucci, 2019), e di coloro che ne sono stati i precursori (Bologna, 2010, 2013, 2017).

D’altro canto, compilando questa raccolta di saggi abbiamo inteso esplorare – e provare a suggerire alcune linee per superare – i limiti e le zone d’ombra di quel ‘paradigma logistico’ che è ormai una cornice analitica consolidata. La scelta dei testi redatti da Sandro Mezzadra ed Anna Tsing, come anche il dialogo con Deborah Cowen, si muovono appunto in questa direzione, come fanno anche i contributi di Frapporti, Peano e Pirone.

In primo luogo, come già evidenziato da precedenti riflessioni (Cuppini e Frapporti, 2018), ci pare necessario problematizzare la periodizzazione più diffusa di ciò che abitualmente si definisce ‘rivoluzione logistica’ (Allen, 1997). Se evidentemente la fase matura della globalizzazione del capitalismo e la sua ristrutturazione nella forma delle supply chain, promossa da importanti innovazioni tecnologiche (dal container al digitale), non sono in discussione nella loro incisività nel ristrutturare i modelli di produzione, distribuzione e consumo, è altrettanto vero che le origini di questo sapere tecnico (che è ovviamente anche una pratica) e di queste tecnologie della circolazione sono molto meno lineari. L’importante testo di Cowen (2014) individuava ad esempio nella scienza militare degli eserciti statuali moderni, che si sviluppa a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, il punto di partenza genealogico per comprendere le forme della logistica contemporanea. Nel creare forme di ‘resilienza’ contro le possibili interruzioni dei flussi di merci (incluse le informazioni digitali), i cosiddetti ‘colli di bottiglia’, il sapere logistico in qualche modo integra la dimensione bellica all’interno di quella ‘civile’ della produzione (e quindi anche della circolazione, che con la logistica diventa direttamente produttiva) in tutte le sue forme. E certamente, come segnalano diversi contributi a questo volume, nelle operazioni logistiche del capitalismo contemporaneo, siano esse legate ai trasporti e al loro sviluppo in termini di policy (Frapporti), alle piattaforme digitali (Pirone) o all’istituzione di zone extraterritoriali e di campi per lavoratori migranti (Peano), la securitizzazione e la sorveglianza rivestono un ruolo centrale e sono in qualche misura riconducibili al paradigma militare.

D’altro canto, come hanno fatto notare Harney e Moten (2016), forse il primo esempio di razionalità logistica nella storia è stato rappresentato dalle operazioni di stoccaggio e trasporto di esseri umani ridotti a merce, durante la tratta transatlantica. Interpellata sul tema, nel suo dialogo con Niccolò Cuppini, Cowen fa notare che in un certo senso la dimensione militare e quella della tratta atlantica non si escludono a vicenda. Tale intuizione potrebbe rappresentare il punto di partenza per un filone di ricerche ancora da tracciare, fermo restando un tema di periodizzazione per una genealogia della logistica che a nostro avviso deve necessariamente dotarsi di una prospettiva di lunga durata.

A questo proposito, il saggio di Tsing (originariamente pubblicato in inglese nel 2012 e qui proposto in una traduzione a cura di Irene Peano) ci è parso significativo proprio perché sembra corroborare la tesi secondo la quale è nella tratta atlantica, e nel sistema delle piantagioni (in primis di canna da zucchero) che essa riforniva di manodopera, che la razionalità calcolatrice della logistica si è sviluppata. Riprendendo importanti lavori, tra cui quello dell’antropologo statunitense Sidney Mintz (1985), Tsing fa notare inoltre come questa ‘razionalità scalabile´ emersa nelle piantagioni, che investiva tanto gli esseri umani resi schiavi quanto la flora, la fauna e il territorio, sia stata alla base anche della disciplina e dell’organizzazione di fabbrica, ancora una volta scardinando almeno in parte rigide periodizzazioni storiche delle diverse fasi del capitalismo.

Per altri versi, anche il lavoro di Frapporti incluso in questo volume utilizza la lente logistica per mettere in discussione la narrazione più accreditata riguardo alla fondazione della Comunità Europea e la sua periodizzazione, al contempo evidenziando quanto già agli inizi del XX secolo la logistica rivestisse un ruolo cruciale da un punto di vista non soltanto economico ma anche politico. In questa luce, l’intera storia della sovranità moderna può essere riletta in chiave di una costituzione logistica del territorio, laddove gli Stati si sono fatti portatori, prima di tutto, di una costruzione territoriale che origina proprio dalla possibilità di espandere su dimensioni prima inedite le possibilità di circolazione.

Infine, tornando al dialogo tra Cuppini e Cowen, anche le lotte del settore logistico, che negli ultimi anni hanno assunto un peso centrale anche a livello di analisi e teorizzazione (Comitato Invisibile, 2019; Bernes, 2019; Toscano, 2011), come anche di matrice per nuove forme di organizzazione politica,[1] non sono del tutto inedite nel panorama del sistema mondo. Sarà quindi importante comprendere più a fondo, attraverso l’inchiesta e l’analisi, ciò che le contraddistingue nel contemporaneo. L’accento posto sul tema dei conflitti di classe all’interno delle supply chain globali, inoltre, mette in evidenza la necessità di considerare i conflitti e gli attriti non soltanto all’interno dei flussi di circolazione delle merci, ma più in generale tra diversi paradigmi di gestione della mobilità (cf. Mezzadra, Peano, questo volume; Grappi, 2018).

Inoltre abbiamo ritenuto, con la sua traduzione, dare risalto al lavoro di Tsing – già autrice dell’importante ‘Supply chains and the human condition’ (2009) -, anche perché esso mette in evidenza ciò che l’‘ideologia logistica’ (Into the Black Box, 2018) tenta di celare, e cioè la produzione di scarti, resti e rovine che le operazioni di calcolo, o come direbbe Tsing di scalabilità, sottese alla macchina logistica implicano necessariamente (si vedano a tal proposito anche Mezzadra e Neilson 2019; Peano, questo volume). Tuttavia, mentre Tsing individua nelle rovine delle operazioni di uniformazione, proprie di una razionalità che definiremmo logistica, uno spazio di resistenza e di creazione di non-scalabilità, altri studi (Mezzadra e Neilson, 2019) fanno notare come il resto e lo scarto possano in qualche caso essere riappropriati da quella stessa macchina. Ancora una volta, si tratta di riflessioni che necessitano di approfondimento.

In ogni caso, come emerge dai saggi di Peano e Pirone e, in controluce, dal lavoro di Tsing, la macchina logistica opera attraverso la produzione di spazi (zone e corridoi, ma anche città divenute piattaforme urbane), ed è, tra gli altri, in quest’alveo di ricerca che è possibile inserire la riflessione sui resti in quanto scarti materiali. In molti dei contributi, inoltre, si fa riferimento alla stretta relazione tra le operazioni della logistica e l’infrastruttura (Cowen, Mezzadra, Frapporti, Peano, Pirone), altro aspetto su cui riflettere ulteriormente anche in relazione alla produzione di spazio. D’altro canto, l’infrastruttura viene intesa in senso non sempre letterale – la letteratura accademica parla ad esempio di ‘persone come infrastruttura’ (Simone, 2004), o di ‘infrastrutture dell’intimità’ (Wilson, 2016; cf. Peano, questo volume). A proposito di quest’ultimo concetto, nell’intervista con Cowen così come nel contributo di Peano e in quello di Pirone si mette in evidenza un aspetto spesso ignorato o poco esplorato dalla letteratura critica sulla logistica: quello della riproduzione sociale, specialmente nelle sue dimensioni di soggettivazione lungo le linee del genere e della ‘razza’ o dell’‘etnia’. Pirone mostra come le piattaforme logistiche digitali operano la sussunzione della cooperazione sociale, che diventa terreno di accumulazione in linea con una più generale tendenza del capitalismo contemporaneo, mentre Peano pone l’accento sull’esternalizzazione di molti aspetti della riproduzione da parte dell’industria del ‘Made in Italy’, attraverso il ricorso a manodopera migrante e a una divisione sessuale del lavoro. Nei suoi lavori, Cowen individua la sessualità quale dimensione bio- (o necro-) politica delle supply chain, ma all’interno delle operazioni logistiche del capitale questo rimane un terreno tutto da indagare.

Infine, diversi contributi individuano l’elusività del confine tra legalità ed illegalità, e più in generale il proliferare di molteplici regimi giuridico-legali e la loro trasgressione, come un tratto distintivo delle operazioni logistiche, sull’onda anche delle riflessioni di Neilson (2012) e di Easterling (2014).

Ci pare dunque che questo volume possa essere utilizzato sia per chi si approcciasse per la prima volta al tema della logistica nel suo carattere prismatico, sia come approfondimento per chi sia già addentro al tema. Ma, più in generale, ci sembra che confermi la validità della logistica come lente, né unica né tantomeno unitaria, per osservare lo stato dei processi di globalizzazione, sia dal punto di vista del potere (logistica e migrazioni, logistica e Stato) che delle soggettività che ad esso si oppongono. In questa introduzione abbiamo provato inoltre a delineare alcune prospettive per future ricerche, che ci auguriamo possano essere condotte a partire da una delle caratteristiche più produttive degli studi critici sulla logistica degli ultimi anni, ossia il loro essersi sviluppati all’interno di un dibattito collettivo che ha coinvolto studiosi e studiose, militanti, attivisti e attiviste. Ci pare questo un segno di metodo importante da salvaguardare e rilanciare per aumentare le potenzialità di una critica effettiva del tempo presente.


Bibliografia

Allen, W.B. (1997) The logistics revolution and transportation. Annals of the American Academy of Political and Social Science, 553, 106-116.

Bernes, J. (2019) Logistica, contro-logistica e la prospettiva comunista. Roma: Red star press.

Bologna, S. (2010) Le multinazionali del mare: Letture sul sistema marittimo-portuale. Milano: Egea.

— (2013) Banche e crisi: Dal petrolio al container. Roma: DeriveApprodi

— (2017) Tempesta perfetta sui mari: Il crac della finanza navale. Roma: DeriveApprodi.

Cowen, D. (2014) The deadly life of logistics: Mapping violence in global trade. Minneapolis: University of Minnesota Press.

Comitato Invisibile (2019) Ai nostri amici. Milano: Nero.

Cuppini, N., Frapporti, M., e Ricciardi, F. (2018) Block the box: Logistica, flussi, conflitti. Zapruder 46.

Cuppini, N. e M. Frapporti (2018) Traiettorie della logistica: Dalla Compagnia delle Indie ad Amazon. Consultabile online su: http://storieinmovimento.org/2018/06/28/traiettorie-della-logistica/#note-1, ultimo accesso 13 settembre 2018.

Easterling, K. (2014) Extrastatecraft: The power of infrastructure space. New York: Verso.

Grappi, G. (2016) Logistica. Roma: Ediesse.

— (2018) Contro la trappola logistica. In Cuppini, N., Frapporti, M. e Ricciardi, F. (a cura di) Block the box. Zapruder 46, 8-26.

Harney, S., e Moten, F. (2016) The undercommons: Fugitive planning and black study. Wivenhoe: Minor Compositions.

Into the Black Box, (2018) Manifesto di critica logistica. Consultabile online su: http://www.intotheblackbox.com/manifesto/manifesto-di-critica-logistica/, ultimo accesso 26 maggio 2019.

Into the Black Box e Mattucci, C. (2019) Logistical territories. Lo Squaderno 51.

Mezzadra, S., e Neilson, B. (2013) Extraction, logistics, finance: Global crisis and the politics of operations. Radical Philosophy 178, 8-18.

— (2015) Operations of capital. The South Atlantic Quarterly 114(1), 1-9.

— (2017) On the multiple frontiers of extraction: Excavating contemporary capitalism. Cultural Studies 31(2-3), 185-204.

— (2019) The politics of operations: Excavating contemporary capitalism. Durham: Duke University Press.

Mintz, S. (1985) Sweetness and power: The place of sugar in modern history. New York: Viking.

Neilson, B. (2012) Five theses on understanding logistics as power. Distinktion: Scandinavian Journal of Social Theory, 13(3), 323–40.

— (2014) Zones: Beyond the logic of exception? Concentric: Literary and Cultural Studies 40(2), 11-28.

Simone, A. (2004) People as infrastructure: Intersecting fragments in Johannesburg. Public Culture, 16(3), 407-429.

Toscano, A. (2011) Logistics and opposition. Mute 3(2), 30– 41.

Tsing, A. (2009) Supply chains and the human condition. Rethinking Marxism: A Journal of Economics, Culture & Society 21(2), 148-176.

— (2012) On nonscalability: The living world is not amenable to precision-nested scales. Common Knowledge 18(3), 505-524.

— (2015) The mushroom at the end of the world: On the possibility of life in capitalist ruins. Princeton: Princeton University Press.

— (2016) What is emerging? Supply chains and the remaking of Asia. The Professional Geographer 68(2), 330-337.

Wilson, A. (2016) The infrastructure of intimacy. Signs: Journal of Women in Culture and Society 41(2), 1-34.


[1] Si veda a tal proposito la piattaforma dello sciopero sociale transnazionale, https://www.transnational-strike.info.

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