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Nel vortice del presente. Voci, scorrimenti e sorvoli tra movimenti, logistica, urbanizzazione

Scritti e interviste di Niccolò Cuppini con Manuela Bojadžijev, Sergio Bologna, Neil Brenner, Joshua Clover, Deborah Cowen, Giorgio Grappi, Stefano Harney, David Harvey, Sandro Mezzadra, Galileo Morandi, Brett Neilson, Charlie Post, Andrew Ross, Ned Rossiter, Saskia Sassen.

Si può acquistare la versione cartacea del libro sul sito de Ledizioni.
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Indice

Sezione I – Movimenti
Il debito è una questione di classe – Andrew Ross
Sul movimento sindacale USA. Cenni storici e attualità tra scioperi, forme organizzative e relazioni con partiti e movimenti – Charlie Post
L’effetto contagio dei movimenti urbani globali – David Harvey
Lotte nella circolazione, riot, comune – Joshua Clover

Sezione II – Logistica
La logistica del capitalismo globale – Giorgio Grappi, Brett Neilson, Ned Rossiter
Logistica delle migrazioni – Manuela Bojadžijev e Sandro Mezzadra
Genealogie della logistica – Stefano Harney
Circolano valore e violenza. Un dialogo sulla logistica – Deborah Cowen

Sezione III – Urbanizzazione
Urban Rhapsodies. Dialogo sulla città contemporanea – Galileo Morandi
Il rovescio della litania historia magistra vitae – Sergio Bologna
Storia, politica e modelli dell’urbanizzazione planetaria – Neil Brenner
Il vortice del presente. Migrazioni, città globale e nuovi assemblaggi del potere – Saskia Sassen

Sezione IV – Sorvoli
Cosenza – Sguardi
Impressioni dalla campagna modenese
Quando si spengono i riflettori dei grandi eventi – Rio de Janeiro tra fantasmagorie globali e guerra ai poveri
Tra Los Angeles e New York. Il bubble urbanism, il geometrico, il simbolico
Bologna: il container urbanism
São Paulo: quando si conosce una città?
Barranquilla – Coordinate

Sezione V – Interventi
Appunti sul meticciato da New York
Spettri del lavoro. Note sulle lotte logistiche nella megalopoli padana
Amazon: Quando la merce danza automatizzata sul lavoro-tapis roulant
La città è la terra dei neri
Paesaggi post-urbani e lotte sul lavoro nella pianura del Po
Tutto il potere alle rotonde! Uno “sguardo logistico” sul movimento dei gilets jaunes


Introduzione

Il 2020 come una data spartiacque. L’irruzione della pandemia di Covid-19 funziona come un “cigno nero”, un evento inaspettato che si inscrive in tutte le pieghe del reale provocando un vortice di crisi ed effetti a catena. Da un lato una serie di processi in precedenza sommersi o poco visibili vengono improvvisamente alla luce. Una serie di tendenze latenti affiora in superficie. Dall’altro lato si aprono nuovi scenari prima difficilmente immaginabili. Ci troviamo dunque di fronte, o meglio, all’interno, di un punto di svolta che raggruma una serie di tensioni precedenti. E impone di provare a scrutare al di là della pandemia per interrogare le mutazioni sociali, politiche ed economiche che si delineeranno nei prossimi anni.

Il nuovo Millennio si era aperto con le paure del Millennium Bug (il difetto informatico che al cambio di data della mezzanotte tra venerdì 31 dicembre 1999 e sabato 1 gennaio 2000 avrebbe dovuto gettare nel caos i sistemi di elaborazione dati, dai personal computer alle reti globali) e con l’esplosione delle Dot-Com (la bolla speculativa dei nuovi settori finanziari legati a Internet e al sistema informatico), che dopo l’apice raggiunto dall’indice NASDAQ il 10 aprile del 2000 ha avuto un crollo vertiginoso per tutto l’anno successivo. A un decennio dalla caduta dell’Unione Sovietica e dopo “l’ubriacatura” da “fine della Storia” degli anni Novanta, il mondo iniziava a misurarsi con l’impossibilità di ricondurre a un ordine definito il sistema-mondo e con le aporie e le contraddizioni aperte dai processi di globalizzazione inaugurati durante gli anni Ottanta. Una serie di elementi venivano colti e portati sulla scena dal movimento no global, emblematizzati nella battaglia del luglio 2001 a Genova. Meno di due mesi dopo l’abbattimento delle Torri Gemelle di New York a opera di Al-Qāʿida ha mandato definitivamente in frantumi la narrazione della post-modernità e introdotto agli anni Zero. Molti degli elementi che conducono al nostro presente erano già qui sul piatto: il sempre maggior rilievo di Internet, finanza e nuove tecnologie; la dimensione ormai compiutamente planetaria dei processi; il disordine geopolitico; l’affermarsi di nuovi soggetti.

La narrazione potrebbe proseguire approfondendo un’altra serie di fenomeni che ha caratterizzato gli anni Zero e gli anni Dieci, dalla crisi finanziaria del 2007-2008, al consolidarsi del polo cinese che nel 2013 ha lanciato la Nuova via della Seta come progetto di infrastruttura globale, ai cicli di movimenti del 2011-2013 e del 2019-2020, passando per la crescente rilevanza di fenomeni come le migrazioni, il cambiamento climatico e l’affermazione del cosiddetto populismo. I testi raccolti in questo libro non intendono tuttavia misurarsi con la tassonomia delle correnti tensionali che mettono in forma e al contempo scompongono il nostro tempo, quanto piuttosto tentare di condensare alcune chiavi di lettura e far sedimentare degli appunti e delle ipotesi. In questa direzione ho deciso di assemblare in questo volume una serie di interviste e di scritti elaborati nei cinque anni tra il 2014 e il 2019, nella scommessa che potranno tornare utili non solo per provare a entrare più in profondità nella lettura dei cambiamenti attuali, ma anche pensandoli come possibili strumenti utili per riguardare a posteriori una serie di presupposti e premesse a quelli che saranno gli anni Venti del Millennio.

Il libro si compone dunque di cinque sezioni. Le prime tre raggruppano interviste a docenti, ricercatori e ricercatrici, la cui produzione è spesso contraddistinta da una posizione al bordo tra riflessione accademica critica e internità ai movimenti. La prima sezione si concentra proprio su quest’ultimo tema, ponendo domande e discutendo risposte su questioni come quella della classe, del debito, del sindacato, dei movimenti urbani, dello sciopero, dei riot e delle lotte nella circolazione. Una costellazione di pratiche e fenomeni recenti o con una lunga storia, che le interviste aiutano ad approfondire. La seconda sezione si focalizza invece sulla logistica, ossia quella logica di organizzazione complessiva del capitalismo globale contemporaneo che movimenta senza sosta gli spostamenti lungo il pianeta. Dalle varie voci qui proposte la logistica emerge come vera e propria “costituzione materiale” della società globale, di cui vengono discusse le declinazioni concrete in termini di politiche e infrastrutture, ma anche le frizioni e i conflitti che si producono lungo le sue supply chain all’interno di una riflessione vasta e storicamente approfondita. La terza sezione è dedicata all’urbanizzazione, soffermandosi sia su alcune delle macro-teorie che leggono il mondo contemporaneo nei termini di una rete di città globali, come l’inizio dell’Epoca urbana o come lo scenario dell’urbanizzazione planetaria, sia approfondendo alcune storie e singoli aspetti dell’urbanità del nostro tempo.

Queste tre sezioni, caratterizzate da una serie di comuni rimandi talvolta evidenti talaltra impliciti, compongo tre vettori analitici a mio avviso di cruciale importanza per leggere l’evolversi dello spazio-tempo del nuovo Millennio e per indagarne le future tendenze. Movimenti, logistica e urbanizzazione sono infatti elementi spesso sotto-interrogati rispetto ad altri fattori politici o socioeconomici, che tuttavia racchiudono potenzialità esplicative che devono essere approfondite. Credo infatti che adottarli come griglia analitica, nelle loro molteplici articolazioni, consenta di individuare alcune coordinate utili per muoversi nel vortice del presente.

Come accennato, la logistica compone il vero e proprio esoscheletro della globalizzazione e del capitalismo contemporaneo (vedi Giorgio Grappi, Brett Neilson, Ned Rossiter). Le merci che quotidianamente consumiamo hanno spesso un carattere misterioso e opaco perché la loro complessa provenienza è per lo più sconosciuta. Eppure, è possibile ricostruire per ogni capo di abbigliamento, per ogni oggetto tecnologico, per ogni pietanza, le rotte e gli assemblaggi che li costruiscono come oggetti di consumo. La logistica rappresenta la trama di infrastrutture materiali, immateriali e digitali che concatena gli ormai innumerevoli e frammentati passaggi dei cicli di produzione; indica l’insieme dei fattori che movimentano le merci, disponendo canali planetari fatti di porti, interporti, magazzini, aerei, treni, camion, navi, container, rotaie, negozi, etc.; ma raffigura anche l’assemblaggio di una galassia di figure e profili di forza-lavoro eterogenee che vengono sincronizzate dai sistemi logistici. Questo paesaggio complesso e stratificato merita di essere posto in rilievo nell’analisi, perché si proietta come terreno strategico delle possibilità sia di sviluppo che di crisi per gli anni a venire (vedi Deborah Cowen e la sua riflessione sui “sovranisti delle supply chain”) e perché nasconde una densità storica (Stefano Harney) che ci aiuta a dotare la riflessione di una prospettiva di lungo periodo. La logistica inoltre sta ampiamente esondando dal suo bacino d’utenza, prefigurandosi come una specifica razionalità per il governo della mobilità globale (Manuela Bojadžijev e Sandro Mezzadra).

In controluce a questa trasformazione, si affastella una sequenza di attriti, conflitti, opposizioni e direzioni contrarie. Il mondo della logistica globale emerge come un campo di tensione entro il quale si definiscono lotte che trovano appunto nel campo della circolazione il loro terreno elettivo. Le forme di blocco e sciopero lungo le filiere della mobilità sono infatti proliferate negli ultimi anni, sia all’interno dei luoghi “propri” della logistica (magazzini, porti, ecc.) sia in senso più ampio nella mobilità urbana. All’interno di questo orizzonte vengono definendosi forme di conflitto che hanno caratteri spesso inediti rispetto al Novecento (Joshua Clover), come inaugurato nel 2001 dal movimento piquetero argentino del ¡Que se vayan todos!. Il riot si configura sempre più frequentemente come espressione dei “senza voce”, dall’insorgenza delle banlieue del 2005 passando per le sommosse londinesi del 2011 fino ai più recenti episodi statunitensi nel contesto di Black Lives Matter o allo scenario sudamericano (dove in un paese come il Cile i tumulti hanno condotto a un processo per la scrittura di una nuova costituzione). Espressioni spesso enigmatiche, alle frontiere del politico, che vanno affiancate a nuove tipologie di organizzazione sindacale (Charlie Post) e a nuove forme di sciopero transnazionale come quelle femministe ed ecologiste. A fare da sfondo, in parallelo con la finanziarizzazione dell’economia, la questione del debito diviene progressivamente un elemento cruciale dell’esistenza degli individui (Andrew Ross) in un contesto in cui la sussunzione reale della vita al rapporto di capitale si fa sempre più piena. Le lotte d’altro canto si misurano su spazialità e temporalità sempre più intrecciate e in ripido mutamento, e spesso si dipanano a livello planetario con uno specifico “effetto contagio” di rimandi non coordinati (David Harvey).

Questa costellazione di dinamiche trova un terreno precipuo di espressione nell’urbano, vero e proprio battleground contemporaneo. L’urbano è la materia in cui si combinano le nuove espressioni del potere, ma anche la sostanza attraverso la quale si definiscono i soggetti sociali e i loro antagonismi. Un divenire che continuamente ridefinisce i rapporti spazio-temporali della società. Vengono qui discusse due delle più rilevanti teorie degli ultimi decenni nel campo degli studi urbani. Saskia Sassen aggiorna la sua riflessione sulla “città globale”, guardandola non solo come network dei centri finanziari globali ma allargando la prospettiva ai fenomeni migratori e ai dispositivi che si producono con quelle che definisce come “formazioni predatorie” del capitalismo contemporaneo (con le loro logiche di espulsione). Allo stesso tempo Neil Brenner approfondisce la teoria dell’urbanizzazione planetaria, in un dialogo che indica una applicabilità dei suoi modelli interpretativi anche in chiave storica e che insiste sulla necessità di andare al di là delle analisi città-centriche in favore di uno sguardo ampio che indaghi le complesse maglie del metabolismo urbano e le reti con interconnettono zone estrattive e filiere logistiche alle aree di concentrazione urbana delle nuove regioni metropolitane. Il contributo di Sergio Bologna, pur non parlando direttamente di urbanizzazione, agevola un ampliamento di questi ultimi elementi, proponendo l’uso di alcuni strumenti di matrice operaista per leggere le trasformazioni della logistica e del lavoro che fanno da sfondo alle mutazioni urbane. In definitiva, da queste voci l’urbano emerge come una rapsodia, come un profilo al contempo comune e frastagliato a livello planetario.

Non a caso l’intervista a Galileo Morandi ci conduce dentro una discussione architettonica sul farsi dell’urbano contemporaneo che muove da come Dubai si staglia contro il deserto, passa per le new town cinesi, fino a ragionare di come il rapporto urbano/natura si staglia nei paesini montani italiani, tornati al centro del dibattito attuale rispetto al ripensamento dell’urbanità post-pandemica. In questa direzione la quarta sezione del libro propone un insieme di sguardi e descrizioni di alcuni panorami colti come una prospettiva aerea. Vengono ossia riportate impressioni e sguardi su scenari e contesti estremamente eterogenei che tuttavia dentro a una lettura complessiva fanno emergere anche inaspettate continuità. Questi “sorvoli” iniziano a Cosenza, comune del Sud Italia sospeso tra una città vecchia sull’orlo della decadenza e le nuove opere di Calatrava, e si chiudono a Barranquilla, città caraibica che impasta lusso e povertà. Il viaggio si dipana per grandi metropoli globali come New York e Los Angeles, sulle sponde atlantica e pacifica del subcontinente nordamericano, tocca i grattacieli e le favelas di Rio de Janeiro e di São Paulo, ma si snoda anche lungo latitudini e contesti italiani come la campagna modenese o la città di Bologna. Questi affreschi rappresentano degli appunti di viaggio, delle fotografie ragionate, che si nutrono di una serie di altre visioni che non hanno trovato spazio in questo libro ma che passano anche per le enormi spazialità di Mosca e di New Delhi, per l’incessante clangore gotico di Kolkata e il silenzio della megalopoli elettrica di Shangai, forse la vera capitale del XXI secolo se ce ne sarà una. Scorrono metropoli europee (Londra, Berlino, Barcellona, Lisbona, Madrid, Parigi) e città italiane, fino a raggiungere il sommesso palpitare di città africane come Dakar e Abidjan, la contrapposizione tra nuovo e atavico di Fes, e un’altra serie di esperienze urbane (Cartagena, Buenos Aires, Bogotà, Houston, New Orleans, la megalopoli Boston-Washington, San Francisco, Beijing…) che in questi anni ho avuto la fortuna di attraversare e che hanno messo in forma il pensiero e le riflessioni che emergono dagli scritti di questo testo.

Un volume che si conclude (nella quinta sezione) con una serie di interventi che dialogano con il resto del libro. Qui si trovano infatti articoli sulle lotte logistiche e del lavoro nella “megalopoli padana” così come scritti sul concetto di meticciato inscritto negli spazi urbani newyorkesi. Sono riportate esperienze di inchiesta su come la grande multinazionale digitale e logistica Amazon sta mutando il Nord Italia (e non solo), una traduzione di un testo sul rapporto tra movimento black e città degli anni Sessanta che aiuta a complessificare la riflessione su quanto sta accadendo oggi negli Stati Uniti. Il volume si conclude non a caso con un articolo che intreccia i tre assi principali che lo attraversano, proponendo uno “sguardo logistico” su come uno dei movimenti più significativi ed elusivi degli ultimi anni (i gilets jaunes francesi) sia emerso da una spazialità urbana inedita. Il lettore si trova dunque di fronte a un libro che si muove attorno a degli scorci di analisi (movimenti, logistica, urbanizzazione) declinati in maniera multiforme e polifonica. Si tratta quindi di una varietà di sguardi ovviamente parziali, che non intendono però proporsi come raccolta di frammenti quanto piuttosto come la composizione di un quadro astratto, ossia di un’opera che possa definirsi con un grado di indipendenza rispetto alle usuali e consolidate referenze visuali e concettuali del mondo. Un livello di astrazione mi pare infatti necessario per poter sviluppare nuove linee interpretative rispetto alle tumultuose e inedite configurazioni del presente, che ho provato a disegnare come un vortice con una metafora fluidodinamica. Un moto di correnti liquide che ruotano attorno ad alcuni assi, linee vorticose che qui hanno il profilo di movimenti, logistica e urbanizzazione – alle quali ovviamente andranno aggiunti ulteriori assi analitici in futuri lavori di ricerca.

Per concludere, devo sottolineare che la maggior parte degli scritti qui pubblicati sono il frutto di lavori e processi collettivi. Alcuni di essi, tuttavia, sono stati direttamente scritti a quattro mani. Devo pertanto ringraziare in particolare Carlotta Benvegnù (abbiamo scritto insieme “Spettri del lavoro. Note sulle lotte logistiche nella megalopoli padana” e “Tutto il potere alle rotonde! Uno ‘sguardo logistico’ sul movimento dei gilets jaunes”, e che è stata per me una compagnia preziosa in questi anni nel darmi innumerevoli spunti e nel condividere ragionamenti, per aiutarmi a inquadrare il mio lavoro, e per tanto altro ancora) e Mattia Frapporti (abbiamo lavorato assieme a “La logistica del capitalismo globale”, “Logistica delle migrazioni”, “Genealogie della logistica”, “Il rovescio della litania historia magistra vitae” e con il quale ho costruito varie esperienze di ricerca e non solo in questi anni). Un ringraziamento non di rito va anche alle persone intervistate per le prime tre sezioni nonché a tutti coloro che mi hanno sostenuto e aiutato nel far uscire i testi di questo volume nei differenti luoghi in cui sono stati pubblicati – varie riviste (Lo stato delle città, Scienza&Politica, Zapruder), portali web (Into the Black Box, Infoaut, Napoli Monitor, Connessioni precarie, Euronomade) o quotidiani (Il Manifesto). Un grande grazie va anche a Floriano e Maurilio, coi quali assieme a Carlotta e Mattia abbiamo costruito il percorso di Into the Black Box; a Maurizio, che ha sempre pazientemente letto e discusso i miei lavori aiutandomi moltissimo e aprendomi tante riflessioni; a Sandro, che tra le molte cose mi ha anche sospinto verso il muovermi per il mondo; a Cinzia, Irene, Paola e Raffaele, che in modi diversi hanno sostenuto e aiutato gli scritti di questo libro; ad Alioscia, Ana, Clara, Davide, Filippo, Gali, Humberto, Jake, Maura, Oscar, Paolo, Simona, Valentina e Xi, che in tanti modi e forme hanno accompagnato e reso possibili i miei “sorvoli”, e alle tante persone che “restando” li hanno resi ugualmente possibili – amici e compagni tra Bologna, Modena e tanti altri luoghi. Grazie ai miei genitori, per la pazienza e la delicatezza con la quale hanno accompagnato il mio crescere, nonché a Luisa, Dino, Nicole e Mattia, per la sempre accogliente ospitalità. Dedico questo libro a Miryam, con la quale da tanto tempo mi lega un’amicizia speciale e che, quando ancora per me la scrittura e il muoversi erano prospettive lontane, già invece le intravvedeva e mi ci accompagnava con cura e affetto.

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