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Samir Vive! L’erede di Zapata contro le grandi opere nel Messico di Obrador

Lo scorso fine settimana il piccolo stato messicano del Morelos, a pochi chilometri a sud di città del Messico, è stato teatro di iniziative e mobilitazioni popolari e indigene. Venerdì 19 è stata realizzata una manifestazione nella capitale morelense Cuernavaca, sabato 20 una messa e una cerimonia nella comunità di Amilcingo, e domenica 21 si è tenuto l’”Incontro nazionale e internazionale per la vita, la difesa dell’acqua, contro il coronavirus e contro i mega-progetti” nel municipio di Huexa. Iniziative simili si sono svolte contemporaneamente più a sud, nei terreni recuperati e nei municipi autonomi zapatisti in Chiapas. La ragione di queste mobilitazioni è il secondo anniversario dell’omicidio, da parte dei paramilitari, del giovane attivista Samir Flores Soberanes.

Il 20 febbraio 2021 sono passati due anni esatti dalla morte di Samir Flores volto e voce della radio di Amilcingo, un pueblo in lotta per difendere la propria autonomia politica, secondo gli usi e costumi Nahuatl, e promuovendo progetti comunitari come la brigata sanitaria e la scuola elementare autonoma. Samir lottava in una terra in cui è ancora viva la memoria del generale Emiliano Zapata, nato a Ciudad Ayala, a pochi chilometri da Amilcingo, e attivo in quelle terre durante la pagina gloriosa e tragica della Rivoluzione messicana, quando le comunità della zona diedero vita a un esperimento sociale di distribuzione delle terre e autogoverno che lo storico Adolfo Gilly denominò appunto la “Comune del Morelos”. Anche Samir Flores era un militante rivoluzionario, un leader sociale del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell’Acqua degli stati di Morelos, Puebla e Tlaxcala (FPDTA), un’organizzazione che a sua volta fa parte del Congresso Nazionale Indigeno, di cui Samir era un delegato, lavorando quindi fianco a fianco con l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). Prima che sorgesse l’alba del 20 febbraio 2019 Samir Flores veniva ucciso in un’imboscata, esattamente come era accaduto 100 anni prima al generale Zapata. Lasciando una vedova e quattro figli piccoli.

Il FPDTA è nato per fermare una grande opera, il Progetto Integrale Morelos (PIM). Questo prevede la costruzione di un gasdotto di 160 km, due centrali termoelettriche, un acquedotto dedicato e una linea di trasmissione elettrica, oltre all’ampliamento di autostrade e infrastrutture logistiche nelle zone circostanti. L’obiettivo è garantire la fornitura elettrica giornaliera di 9 miliardi di litri di gas naturale per le maquiladoras di Toluca, Puebla e Cuernavaca e per le miniere di oro e altri metalli di Puebla e Morelos. Il progetto è stato annunciato per la prima volta nel 2012 dal segretario allo Sviluppo Economico del governo di Calderón, del Partito di Azione Nazionale (PAN), ma i lavori sono cominciati solo nel successivo governo di Peña Nieto, del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI).

La costruzione delle centrali termoelettriche è stata data in concessione all’impresa spagnola Abengoa, mentre i 160 km di gasdotto, definito dagli attivisti locali “una bomba a orologeria” perché attraversa le pendici del vulcano attivo Popocatepetl, sono stati realizzati dalle spagnole Elecnor e Anagas e dall’italiana Bonatti. Quest’ultima è un global player di Parma che ha tra le altre cose in concessione la costruzione del tratto greco del gasdotto TAP, quello che trasporta gas dall’Azerbaijan al Salento, con enormi danni ambientali e per la salute, e che in passato ha visto alcune ditte subappaltatrici coinvolte in inchieste di mafia.

Nel 2014, da leader dell’opposizione, Andrés Manuel López Obrador ha promesso in un comizio alle comunità Nahua di “difendere a tutti i costi i popoli” del Morelos e di contrastare il PIM, in quanto “il Messico non è un territorio di conquista, non stiamo qui per far sì che gli stranieri vengano ad appropriarsi di tutto”. Quattro anni più tardi, ormai divenuto presidente, è tornato sui suoi passi, di fronte alla possibilità di dover pagare le sanzioni e i risarcimenti imposti dai contratti preesistenti con le imprese costruttrici.

Oggi il PIM è un perno della cosiddetta Quarta Trasformazione, il progetto politico promosso da López Obrador e dal suo partito progressista, il Movimento di Rigenerazione Nazionale (MORENA). Sebbene l’obiettivo di tale trasformazione, così chiamata perché seguirebbe le tre grandi trasformazioni precedenti, ossia l’Indipendenza, la Riforma di Benito Juarez e la stessa Revolución, sia imprimere una transizione verso una gestione più trasparente e democratica dello Stato e misure di ridistribuzione della ricchezza verso le classi popolari, dal punto di vista economico essa si fonda sulla creazione di corridoi logistici, zone economiche speciali e grandi progetti di infrastruttura, al costo di pesanti impatti sul modo di vita delle comunità locali, sull’ambiente e sulla qualità del lavoro. In questo senso si può leggere non solo il rilancio del PIM, ma anche progetti greenfield come il Tren Maya tra Chiapas e penisola dello Yucatán e il corridoio trans-istmico tra Oaxaca e Veracruz, il cui obiettivo è creare un’alternativa terrestre al canale di Panama per il commercio bioceanico intermodale.

Il 10 febbraio 2019, dieci giorni prima della morte di Samir Flores, Obrador aveva annunciato la consultazione popolare per ufficializzare il consenso rispetto alla termoelettrica di Huexca, facente parte del PIM, la quale in realtà era già in fase di costruzione. Samir era stata una delle voci discordanti durante l’evento in cui era avvenuto l’annuncio e, secondo la moglie Liliana Velazquez, un giorno prima di essere ucciso aveva partecipato a un colloquio con un delegato del governo federale in cui aveva protestato contro le “bugie che stanno dicendo a proposito della termoelettrica e del PIM”. La sua morte è avvenuta il 20 febbraio per mano di sconosciuti che lo hanno freddato sparandogli alla testa sulla porta di casa, 3 giorni prima del plebiscito di Huexca. Nonostante il clima di violenze, minacce e lo stesso omicidio di Samir, le votazioni si sono tenute lo stesso, e non solo nelle località colpite dal progetto ma, in barba alla convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in un territorio molto più ampio comprendente anche città vicine, come Cuautla, dove gli abitanti urbani hanno votato a favore della continuazione dei lavori. Ad appoggiare la lotta a Cuautla contro la costruzione del PIM c’è anche Jorge Zapata Gonzalez, nipote dello storico leader della rivoluzione messicana.

Manifestazione e Città del Messico del Congreso Nacional Indigeno, 2019 (Gianpaolo Contestabile)

Dopo due anni le indagini sulla morte di Samir sono ancora al punto di partenza e gli esecutori materiali così come i mandanti rimangono sconosciuti. L’esecuzione dell’attivista Nahua è diventata il simbolo delle contraddizioni delle politiche di Obrador e il segno di una continuità con i governi precedenti, incapaci di garantire l’incolumità degli attivisti. Samir Flores è diventato uno dei volti dei popoli che in Messico si battono in difesa della loro terra. Per questo i popoli riuniti nel Congresso Nazionale Indigeno, insieme alle comunità zapatiste, lo scorso anno hanno lanciato la campagna “Samir Vive” e hanno marciato nel centro della capitale installando il busto di pietra di Samir nella Piazza dello Zocalo, dove affaccia il palazzo governativo.

La costruzione del PIM, nel frattempo, continua, nonostante i ricorsi delle comunità che rivendicano il diritto a decidere sui propri territori, e grazie all’azione repressiva della Guardia Nazionale, che lo scorso 23 novembre ha sgomberato il presidio che impediva la costruzione dell’ultimo tratto di gasdotto e l’attivazione della termoelettrica.

Suonano oggi profetiche le parole pronunciate da Samir durante l’ultima intervista rilasciata pochi giorni prima della morte, alla rivista Piè de Pagina, dirigendosi proprio all’allora neo eletto presidente Obrador e al suo tentativo di delegittimare gli attivisti contrari al PIM: “Questo mi ricorda quegli anni in cui Madero prende il potere e dà le spalle al generale Zapata. Una volta preso il potere dice: lasciatemi lavorare, farò le cose secondo il mio giudizio”.

Oggi la memoria di Zapata e di Samir rimane viva nelle lotte che si oppongono all’avanzata del modello estrattivista in tutto il Paese. Una delegazione del FPDTA di cui Samir faceva parte, viaggerà quest’estate in Europa insieme alla carovana zapatista, per tessere nuove alleanze e rivendicare la lotta di resistenza che nonostante la repressione dello Stato continua a lasciare semi di rivolta nella terra.


Di Gianpaolo Contestabile e Alessandro Peregalli. Articolo uscito su lamericalatina.net, una versione ridotta è uscita su Il Manifesto.

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