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Vent’anni di IIRSA in Sudamerica: chi festeggia ora?

Vi proponiamo la traduzione all’italiano di un editoriale di Alessandro Peregalli, Diana Aguiar e Alexander Pánez, pubblicato agli inizi del mese sul giornale brasiliano Le Monde Diplomatique Brasil e sul giornale argentino Nodal, in occasione dei 20 anni dalla fondazione dell’Iniziativa per l’Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana (IIRSA).

Qui potete accedere all’originale in portoghese e qui a quello in spagnolo.

In fondo al testo anche il documentario “IIRSA, l’infrastruttura della devastazione”, realizzato nel 2016 dal collettivo cileno Coordinadora Antiirsa e sottotitolato da L’AmericaLatina.Net.


Gli scorsi 31 agosto e 1 settembre c’è stato il 20° anniversario della creazione dell’“Iniziativa per l’Integrazione dell’Infrastruttura Regionale Sudamericana” (IIRSA). A prima vista sembra una storia del passato. Un’iniziativa che, dopo la sua creazione e gli “anni d’oro” che seguirono, sembra essere “invecchiata male” nell’attuale scenario di crisi politica in America del Sud. Tuttavia, l’indebolimento del coordinamento regionale alla base dei progetti del masterplan IIRSA non ha significato necessariamente una battuta d’arresto nello sviluppo dell’infrastruttura in Sudamerica. Un esempio di ciò è che oggi diversi governi hanno indicato le grandi infrastrutture come una delle possibilità di “riattivazione economica” dopo le conseguenze della pandemia. È necessario approfittare della data per ripensare alla storia di questi 20 anni dall’emergere dell’IIRSA, per vedere cosa è cambiato e cosa è stato mantenuto.

Origine e storia dell’IIRSA

L’idea dell’IIRSA nacque nell’aprile 1998, durante il vertice dell’Organizzazione degli Stati americani (OSA) a Santiago del Cile, come necessità di creare un piano di riorganizzazione territoriale che fosse funzionale all’Area di libero scambio delle Americhe (FTAA, per la sua sigla in inglese, o ALCA, per la sua sigla in spagnolo). L’ALCA era il piano degli Stati Uniti per trasformare l’intero emisfero occidentale in un’immensa area di libero mercato, modellata sull’accordo di libero scambio nordamericano (NAFTA). In quell’occasione i capi di Stato decisero di affidare alla Banca Interamericana di Sviluppo (IDB) la formulazione di un progetto, che fu poi presentato in un nuovo vertice di presidenti, questa volta solamente sudamericano, realizzatosi a Brasilia in seguito a un invito dell’ex presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso il 31 agosto 2000. Nei piani dei governi partecipanti e dei manager dell’IDB e dell’Andean Development Corporation, l’integrazione delle infrastrutture doveva servire a facilitare, grazie a una maggiore connessione materiale, l’impulso commerciale transnazionale, permettendo di abbassare i costi di trasporto delle materie prime esportate dalla regione verso i mercati del nord.

Nei cinque anni successivi, lo scacchiere geopolitico sudamericano fu colpito da forti terremoti. In Bolivia, un grande ciclo di mobilitazioni indigene e popolari si concluse con il rovesciamento dei governi neoliberisti e l’elezione di Evo Morales alla presidenza. In Argentina, la crisi del debito e la rivolta dei piqueteros del 2001 posero fine a un decennio di saccheggi e privatizzazioni. Anche in Ecuador ci furono mobilitazioni popolari che arrivarono a deporre il presidente Lucio Gutiérrez, mentre in Venezuela le masse plebee di Caracas sconfissero il colpo di stato contro Hugo Chávez. In quegli anni, in molti paesi sudamericani, arrivarono al governo forze politiche di sinistra e di centro sinistra, come nel caso dellelezione di Lula da Silva in Brasile nel 2002 e Nestor Kirchner in Argentina nel 2003. Questi eventi indebolirono l’iniziativa statunitense in Sudamerica e determinarono la lannullamento dellALCA al Vertice delle Americhe a Mar del Plata, nel novembre 2005.

Nonostante questi cambiamenti, i disegni del progetto IIRSA non sono stati toccati, né il loro ambito è stato ridotto. Al contrario, il decennio dal 2005 al 2015 è stato piuttosto il periodo di maggior sviluppo dell’iniziativa, che ha visto un aumento di quasi il 100% del numero dei suoi progetti, passati da 335 a 562 (di cui ad oggi 160), e che nel 2009 è stata inclusa nel Consiglio sudamericano per le infrastrutture e la pianificazione (COSIPLAN) dell’UNASUR, il nuovo blocco regionale che si è costituito sotto la guida del Brasile di Lula da Silva. Tuttavia, al di là della retorica neo-evolutiva e dell’integrazione sovrana ad essa associata, poco o nulla è cambiato negli scopi dei corridoi IIRSA, che hanno continuato a riprodurre logiche di esportazione di minerali, idrocarburi e commodities agroalimentari, spingendo le economie regionali verso una dipendenza sempre più problematica, non solo verso i paesi del nord ma soprattutto verso la Cina.

Durante questo periodo, il ruolo del Brasile è stato fondamentale nel garantire la realizzazione di molti progetti legati al piano. Questa leadership è stata data grazie ad una politica di forte impulso finanziario attraverso la sua banca di sviluppo BNDES, un nuovo portafoglio di opere nazionali (il cosiddetto Programa de Aceleração do Crescimento – PAC, creato nel 2007) e una politica di internazionalizzazione delle sue maggiori imprese di costruzioni (Odebrecht, Camargo Correa, Andrade Gutiérrez, ecc.). Contemporaneamente, il Brasile ha centralizzato i finanziamenti dei progetti, bloccando allo stesso tempo diverse proposte di formazione di una Nuova Architettura Finanziaria Regionale – guidata dai paesi dell’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA) -, che mirava a ridurre la dipendenza della regione dal dollaro e costruire un Banco del Sud per finanziare i progetti attraverso una banca regionale. Questa banca in effetti è stata fondata ma non è mai stata messa in funzione.

I cantieri dell’IIRSA si articolano intorno a 10 assi di integrazione o sviluppo, che attraversano tutto il Sud America da nord a sud e dall’Atlantico al Pacifico. Facendo un bilancio generale dei suoi impatti territoriali, uno studio del Laboratório de Estudos de Movimentos Sociais e Territorialidades dell’Università Federale Fluminense, ha rivelato che l’IIRSA colpisce direttamente lo stile di vita di 664 comunità indigene, 247 comunità contadine, 146 comunità di afro-discendenti e 139 comunità di popolazioni tradizionali, oltre a un ampio spettro di ecosistemi di grande biodiversità. Ci sono stati molti casi di aperti conflitti contro le opere dell’IIRSA, come la mobilitazione indigena in difesa del parco naturale TIPNIS in Bolivia, lo sciopero dei lavoratori edili alla diga di Jirau nell’Amazzonia brasiliana, o il rifiuto che ha generato la super-fatturazione fatta da Odebrecht in Ecuador.

Riassetti geopolitici e incertezze regionali

Dal 2015 l’IIRSA si trova in una situazione di incertezza crescente. Il drammatico calo dei prezzi delle materie prime ha ridotto la capacità delle banche regionali o nazionali di finanziare la costruzione di infrastrutture, portando ad una maggiore apertura della governance dell’iniziativa ad attori extra-regionali e soprattutto al Chinese Development Bank. D’altra parte, lo spostamento di molti governi a destra ha annullato il quadro istituzionale dell’UNASUR, indebolendo il coordinamento regionale e distruggendo qualsiasi intenzione di integrazione, anche moderata. Sebbene tutti i governi abbiano mostrato di dare importanza alla costruzione di infrastrutture come possibilità di attrarre investimenti, le loro politiche negli ultimi anni si sono limitate alla privatizzazione dei beni esistenti. Infine, l’indagine giudiziaria Lava Jato in Brasile ha fortemente colpito le aziende che maggiormente stavano realizzando la costruzione della cosiddetta “integrazione regionale”.

Oggi c’è molta incertezza sulla futuro e sulla direzione dell’IIRSA. Il suo sito web ufficiale non ha aggiornamenti dal 2017 e COSIPLAN ha cessato di funzionare come consiglio nel 2019. Tuttavia, al di là delle controversie politiche regionali, ci sembra chiaro che lo stato di salute dei progetti dell’iniziativa dipende e dipenderà dall’esistenza di capitali disposti a finanziarli. Comprendendo questo, ci sembra che la fine di COSIPLAN non equivalga alla morte delle opere dell’IIRSA. Ne è prova il fatto che importanti progetti del masterplan dell’iniziatica permangono ancora come grandi opere prioritarie dei vari stati nazionali, come il tunnel transandino di Agua Negra, tra la provincia argentina di San Juan e quella cilena di Coquimbo o l’autostrada BR-163 tra Sinop-MT e Itaituba-PA, in Brasile.

Siamo in un momento di crisi e di riassetto delle forze geopolitiche. Nonostante la rinnovata alleanza di molti paesi della regione con gli Stati Uniti, è probabile che sia la Cina ad avere la maggior capacità e interesse di investire nelle infrastrutture logistiche della regione. Di fatto, imprese cinesi si sono già aggiudicate concessioni autostradali, portuali e ferroviarie in corridoi strategici dell’IIRSA, come l’autostrada Riberalta-Rurrenabaque in Bolivia, e hanno manifestato interesse ad accedere alle aste annunciate di altri progetti, come la Ferrovía di Integración Oeste-Leste (Fiol) in Brasile. Gli investimenti esteri diretti del gigante asiatico nel subcontinente sono in costante aumento, mentre paesi come Uruguay, Ecuador, Venezuela, Cile, Bolivia e Perù hanno già aderito al nuovo programma logistico della Nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative – BRI). Lo stesso Brasile, che ha rifiutato di aderire al programma e dove Jair Bolsonaro è stato eletto con un discorso sinofobico, sembra essere aperto a un approccio pragmatico: all’ultimo vertice dei BRICS a Brasilia, nel novembre 2019, il presidente brasiliano e il suo omologo cinese (Xi Jinping) hanno annunciato l’intenzione di “allineare” la BRI con il programma di partnership di investimento – PPI del Brasile. Di fronte a ciò, uno scenario possibile è che lIIRSA stessa venga sussunta dai tentacoli di questo gigantesco piano cinese.

Oggi, di fronte alla pandemia del Covid-19, le discussioni sulla riattivazione economica in America Latina includono già grandi opere di infrastruttura. Un esempio di ciò è il piano di “ripresa economica” annunciato dal governo Piñera in Cile, che ha organizzato un investimento pubblico extra di 2,89 miliardi di dollari per progetti infrastrutturali. Oppure Pro Brasil, iniziativa dell’ala militare del governo brasiliano che mira a iniettare nuovo denaro pubblico nelle infrastrutture e che, nonostante i dogmatismi di austerità fiscale del ministro Paulo Guedes, ha appena assicurato 6,5 miliardi di reais di bilancio pubblico in grandi opere.

Come in altre occasioni di profonda crisi economica, le infrastrutture sono viste come soluzione salvifica, flusso di denaro in movimento, ritorni lenti ma sicuri (a patto che lo Stato si assuma i rischi degli investitori, cioè i rischi sono pubblici e i benefici sono per pochi). La giustificazione dirisollevare” l’economia e di creare posti di lavoro cercherà di essere un consenso assoluto, che generi sostegno trasversale nelle forze politiche dell’establishment. Tuttavia, dopo 20 anni dalla creazione di IIRSA, vale la pena chiedersi a cosa interessano questi megaprogetti e cosa significhi esattamente il “progresso” che affermano di portare. In questi due decenni di forte priorità data alla costruzione di infrastrutture, in proporzione poco denaro è stato investito per il miglioramento dei servizi di base e universali (trasporti urbani, strade tra comunità, scuole, centri sanitari pubblici e infrastrutture minori) e nulla è stato fatto aumentare la complementarità produttiva della regione, che ridurrebbe la dipendenza dall’esportazione di materie prime. Nel frattempo, molti soldi pubblici sono stati investiti per collegare enclave, porti e zone franche, oltre a creare rotte per facilitare l’espansione della frontiera mineraria e dell’agribusiness, lasciandosi alle spalle grandi crateri, foreste bruciate e chilometri di cemento.

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